Cerchi un luogo incontaminato con panorami affascinanti? La Sicilia è indubbiamente sinonimo di mare, ma la costa orientale è soprattutto collegata alle saline, ecosistemi incontaminati sottratti all’espansione umana, quali le Saline di Trapani e Paceco che regalano panorami dall’incredibile fascino.
Le saline della Provincia di Trapani sono immense; si estendono dal Comune di Nubia fino a giungere al Comune di Marausa e sono tra le ultime saline rimaste produttive in Sicilia. Non puoi nemmeno immaginare le emozioni che questo luogo ti suscita visitandolo. Sembra di ammirare quadri di straordinaria bellezza, grazie ai contrasti di colori che le vasche acquistano a seconda della luce, ai panorami sui mulini a vento e sui cumuli di sale.
Le saline, in ogni parte del mondo, vengono considerate luoghi suggestivi, uno scrigno di biodiversità con un grande patrimonio naturalistico. Anche quelle di Trapani sono un grande patrimonio riconosciuto come Zona di Protezione e Conservazione Speciale, affidata in gestione al WWF. Le classiche caratteristiche ambientali di una laguna salmastra attirano infatti infinite specie di uccelli. A questo si aggiunge la produttività di una cultura che risale ai tempi antichi ed ha valenza antropologica e architettonica; le Saline di Trapani e Paceco sono ancora attive e in piena produzione per tutto l'anno.
Ti porto nel luogo magico delle saline di Trapani…
Cosa leggerai in questo post:
Sai che le Saline di Trapani sono tra le più antiche d’Europa? Le particolari condizioni ambientali di questa parte della Sicilia, caratterizzata da una costa bassa e pianeggiante, unita alla salinità del mare e ai cambiamenti climatici (venti e siccità) sembra che permisero ai Fenici di impiantare le prime saline già nel V secolo a.C. Quello che è certo è che nel 1154 si estendeva una grande salina e che gli Aragonesi nel XV secolo avevano avviato un’industria del sale. Le prime documentazioni relative ad una concessione delle saline risalgono tra il 1351 e il 1490.
La produzione del sale subì nel corso dei secoli numerosi periodi altalenanti. Sotto il dominio di Ferdinando I il commercio del sale nel 1412 subì un periodo di crisi. La scoperta dell’America del 1492 portò il porto di Trapani a perdere una posizione di primo piano riversandosi sull’economia trapanese. Nel 1624 un’epidemia di peste bloccò l’economia siciliana provocando la chiusura del porto di Trapani e del blocco del commercio del sale.
Durante la dominazione sabauda e austriaca, il commercio del sale alternò momenti di crisi a momenti di espansione, fino al 1730 quando vennero costruite altre saline.
Con l’indipendenza dal Regno di Napoli il commercio del sale in Sicilia si sviluppò notevolmente, grazie anche all’apertura verso i mercati europei, al punto che le saline vennero nuovamente ampliate portando ad averne 25 attive. La crescita di questo particolare commercio e l’espansione delle saline continuarono anche tra la metà del 1800 e l’inizio del 1900, quando vennero tolti i dazi.
La Prima guerra mondiale trascinò la produzione del sale verso un calo notevole, che venne tuttavia recuperato dopo il termine del conflitto. Nel 1922 le saline di Trapani vennero unificate sotto un’unica società e nel 1956 venne costituita la SIES S.p.A formata dai maggiori proprietari che miravano a migliorarne la produzione e a riconquistare i mercati dopo la crisi dell’apertura delle saline asiatiche.
Nel 1963 la produzione del sale si fermò, quando un’alluvione interrò le saline provocando una cattiva qualità del sale; il prodotto rimase invenduto per i successivi 2 anni e la SIES si trovò nelle condizioni di mettere l’intero territorio occupato dalle saline in liquidazione. Una nuova società (le Saline di Trapani) venne formata nel 1974 e si occupò di gestire le saline fino al 1980 quando la SIES riprese l’attività produttiva esportando il sale di Trapani in tutti i mercati dell’Europa. Oggi questa società gestisce 12 saline tra cui quelle di Trapani e Paceco.
Tramite un metodo relativamente semplice, l'acqua marina incanalata in speciali bacini evapora, producendo il sale che viene raccolto e fatto essiccare. La scacchiera delle vasche irregolari delle Saline di Trapani e Paceco, separate le une dalle altre da canali, si suddivide in 4 ordini:
1° ordine: le vasche comprendono un bacino separato dal mare da una doppia fila di conci di tufo che formano un canale; in questo modo l’acqua entra da un’apertura di una chiusa sfruttando le maree. Queste vasche vengono utilizzate anche per la piscicoltura e consentono ai pesci di sviluppare il loro corso vitale in habitat naturali.
2° ordine: in queste vasche l’acqua che proviene dal mare viene pompata tramite un mulino a vento creando un livello superiore a quello marino. Qui la salinità aumenta per effetto dell’evaporazione spontanea dell’acqua. Anche queste vasche vengono utilizzate anche per piscicoltura.
3° ordine: qui si trovano le vasche che per la loro posizione intermedia vengono chiamate “mediatrici”. Unite tra di loro da un canale producono una salinità media. L’acqua giunge nelle vasche sfruttando la pendenza del suolo.
4° ordine: in queste vasche la salinità si produce attraverso il sistema di evaporazione, con l’acqua che viene fatta passare da un bacino all’altro dalle dimensioni sempre minori e deposita i sali addensati grazie alla riduzione dei volumi. Anche qui l’acqua non giunge direttamente dal mare o viene pompata da un mulino, ma giunge in modo naturale per la pendenza del suolo.
Accanto a queste disposizioni ci sono le vasche chiamate “caseddri” dove viene accumulato il sale raccolto, che sono disposte l’una accanto all’altra, hanno una forma quadrilatera regolare e un fondo impermeabilizzato.
Grazie al clima umido e caldo di quest’area trapanese e alle temperature che tra Marzo e Ottobre aumentano raggiungendo i valori massimi nei mesi estivi, l’evaporazione che porta all’estrazione del sale avviene in modo naturale.
In passato la raccolta del sale veniva svolta esclusivamente a mano; inizialmente, dopo il periodo invernale, si svuotavano i bacini tramite delle pompe, venivano ripristinati gli argini, puliti i canali e il fondo delle vasche che spesso si presentava particolarmente fangoso. Come si pulivano? Il fango veniva estratto con un rastrello, unito al sale e lasciato asciugare per alcuni giorni; questo gli permetteva di divenire compatto e una volta risteso sul fondo impermeabilizzava i bacini.
Una volta completata quest’opera, le vasche venivano riempite di nuova acqua che proveniva sfruttando il gioco delle maree o pompata tramite i mulini a vento. Quando l’acqua raggiungeva il giusto grado di salinità, veniva travasata in modo naturale, per il dislivello del suolo, da una vasca all’altra.
Come veniva riconosciuto il grado perfetto di salinità? Era l’odore, il colore cangiante che passava dal rosa al rosso fino a divenire bianco e la produzione di una schiuma che si formava ai bordi delle vasche ad avvertire i salinai che il tempo era maturato per raccogliere il sale dal fondo sotto forma di grossi cristalli di cloruro di sodio.
Sapevi che il sale marino integrale è tra le risorse più importanti del trapanese? Non tutti i luoghi del mondo sono perfetti per questo tipo di prodotto; solo l’alta salinità del mare, un vento costante e una scarsa piovosità ne permettono la produzione.
Infatti, il sale marino integrale contiene molto più potassio rispetto ad altri sali e minore quantità di cloruro di sodio grazie non solo al territorio ma anche al tipo diverso di lavorazione che viene effettuato in modo tradizionale, raccogliendo il sale a mano. Differentemente, la lavorazione industriale e la successiva raffinazione, tendono a farlo divenire più umido e grigio.
Il sale marino integrale è un prodotto di alta qualità, un tipo di sale bianco ricco di magnesio, potassio e iodio. Tutto questo lo si deve al metodo di raccolta artigianale (è sufficiente lasciarlo seccare al sole), al fatto che non contiene sostanze sbiancanti e alla limpidezza delle acque che bagnano le saline.
Ti ho introdotto il fatto che il WWF gestisce questo particolare sito; questo ti porta subito a riflettere sulle sue caratteristiche ambientali e circa la flora e la fauna che qui può alloggiare. Infatti, una laguna salmastra è l’ambiente perfetto per numerose specie di uccelli. Sono circa 170 le specie diverse che sono state censite: fenicotteri, aironi, gru, cicogne, uccelli migratori che vanno e vengono dall’Africa e uccelli che qui vengono a nidificare.
Tutti questi uccelli, che sono legati all’acqua, trovano nelle Saline di Trapani e Paceco il luogo perfetto per passare gran parte del periodo annuale, specialmente durante i cambi di stagione, o per creare la loro stazione di “rifornimento”.
È facile vedere l'Airone bianco maggiore che qui passa l’inverno, l’Avocetta, il Fraticello e il Cavaliere d’Italia che vengono a deporre le uova, il Fenicottero e la Garzetta.
Nelle vasche che appartengono al 1° e 2° ordine invece, trovano alloggio numerose specie di pesci: l’orata, il cefalo, la spigola, l’anguilla, il sarago, la sogliola e altri che trovano nell’elevata salinità il perfetto habitat. Il plancton presente nelle vasche che giunge dal mare soddisfa anche il fabbisogno dei molluschi, che spesso sono il nutrimento per alcune specie di pesci.
La flora che si sviluppa su questo angolo siciliano è quella alofita, che predilige aree salmastre; visitando le saline incontrerai anche i fiori gialli della Calendula Marittima e della Margherita, i fiori dai colori viola della Viperina, quelli del Silene e della Violacciocca Rossa.
Il panorama delle sgargianti saline che si crea con il contorno di questo tipo di flora è sublime e incantato; i colori ti abbracciano in questo sito che ti riporta, grazie anche agli antichi mulini, in un luogo dove il tempo sembra non essere passato e dove la natura ti avvolge con il suo mistero e il benessere che riesce a donare.
Già di per sè, camminare immerso in questi panorami vale il tempo e la strada che devi percorrere per arrivarci, ma se oltre a questo vorresti fare altro, le Saline di Trapani e Paceco offrono al visitatore una particolare pratica: il Birdwatching.
Questa attività è molto praticata nella riserva da tutti gli appassionati degli uccelli che svolazzano liberi nella natura. Parti dal presupposto che la Sicilia è uno dei luoghi perfetti per via della migrazione di molte specie, e anche le saline di Trapani sono molto interessanti per ciò.
Alla bellezza della fauna aggiungi il panorama che dalle saline si apre al tuo sguardo; quello delle isole Egadi poste a poca distanza dalla costa. Levanzo e Favignana sono proprio lì, di fronte a te!
Oltre a questo, puoi visitare il Museo del Sale di Nubia, inserito in un antico baglio, che ospita una fattoria-fortezza del 1600 costruita in tufo e affiancata dal mulino un tempo adibito alla molitura del sale. Il museo ospita vecchi strumenti originali di lavoro, antiche foto in bianco e nero che testimoniano i vari processi e i cambiamenti che hanno contraddistinto la produzione e informazioni che ti permettono di ricostruire le fasi del ciclo lavorativo della salicoltura.
Di mulini a vento nelle Saline di Trapani e Paceco ne vedrai molti; queste affascinanti e ingegnose macchine artigianali a pale, che venivano utilizzate un tempo per far salire l'acqua dalla vasca o per far muovere le ruote di pietra che frantumavano e riducevano in polvere il sale, esaltano ancora di più il panorama rendendolo più affascinante.
La Riserva naturale orientata delle Saline di Trapani e Paceco si estende da Trapani fino a Nubia, frazione del comune di Paceco. L’ingresso per il museo e la visita delle vasche lo trovi a circa 8 km andando a sud del capoluogo di provincia.
Ti avviso subito… utilizzare i mezzi pubblici per raggiungere le saline è praticamente impossibile. Esiste una linea di bus della compagnia ATM ma sono mezzi utilizzati esclusivamente dai pendolari e hanno orari che poco si adatterebbero alle tue esigenze di turista.
Di conseguenza 2 sono i modi per raggiungere l’ingresso delle saline:
Auto: è sufficiente percorrere la SP21 da Trapani e vedrai le saline che si estenderanno alla tua destra. Immettiti poi nella via Garibaldi in Nubia, successivamente svolta in via Giuseppe Verdi e in poco tempo, seguendo la segnaletica per il Museo del Sale, giungerai all’ingresso dove troverai anche un parcheggio.
Bicicletta: se soggiorni a Trapani, organizzare una bella biciclettata fino alle saline è un ottimo modo per stare in mezzo alla natura e fare un pò di esercizio fisico. Affiancata alla SP21 trovi una pista ciclabile e per raggiungere il Museo del Sale prosegui su strade poco frequentate.
Da Trapani (andando verso sud direzione Marsala) la SP21 ti conduce dopo circa 20 km anche in un altro luogo simile alle Saline di Trapani; sto parlando della Riserva dello Stagnone e delle 4 isole che qui sono ospitate: San Pantaleo o Mozia, Isola Grande, Isola Schola e Isola Santa Maria.
Il nome di questa Riserva, “Stagnone”, che ha una superficie di oltre 2000 ettari, giunge dalla laguna, la più vasta della Sicilia, contraddistinta da acque basse, saline attive, lembi di terra ricchi di storia e resti archeologici. Anche qui l’attività principale si svolge nelle saline che hanno le stesse peculiarità delle Saline di Trapani. Quindi sono aree protette dove non solo il sale viene raccolto, ma che ospitano un gran numero di uccelli migratori e la tipica fauna alofita. Infinite praterie di posidonia avvolgono buona parte dei fondali della laguna, le cui acque costituiscono l'habitat ideale per una ricchissima fauna ittica.
Mentre aspetti l’ora del tramonto, una perfetta scenografia tra cumuli di sale e antichi mulini a vento, ti consiglio di imbarcarti sulle barchette adibite ai turisti e navigare all’interno della laguna, scoprendo le isolette che la compongono e sbarcando sull’Isola di Pantaleo e sull’antica Mozia. Dall’imbarcadero che si trova nella contrada “Birgi Nivaloro” salpi seguendo un antico collegamento, una via punica lastricata posta sotto il basso livello dell’acqua, che attraverso il mare collegava la colonia di Mozia alla costa siciliana.
La laguna è delimitata dal mare aperto dall’Isola Grande ma prima di approdare e sbarcare su Mozia, rimarrai affascinato anche da qualcos’altro… di fronte a te noterai tantissime vele colorate che volteggiano sul mare. In quest’area costiera, infatti, ci sono molte scuole per windsurf, kitesurf, canoa e vela.
Sull’isola di San Pantaleo, i fenici fondarono una colonia, la cittadina di Mozia o Mothia. Sull’isola oggi, inseriti in una rigogliosa vegetazione, puoi notare i resti di un antico passato: la necropoli, un’area sacra e il porto artificiale.
L’isola appartiene alla Fondazione Whitaker costituita dagli eredi di Giuseppe Withaker, un ornitologo e archeologo di origini britanniche che a sue spese portò alla luce l’antico sito e tutto quello che oggi potrai visitare.
Mozia venne fondata alla fine dell’VIII sec. a.C. La posizione era strategica: la piccola isola di San Pantaleo posta in prossimità della costa e circondata da bassi fondali, era in grado di offrire un buon approdo per le navi ma anche di garantire una discreta difesa dagli attacchi dei nemici. A tale scopo vennero costruite intorno all’isola alte mura.
A quel tempo Mozia era anche un ottimo punto per le rotte commerciali e grazie a questo divenne una colonia molto florida. La difesa di Mozia resistette ai greci e ai cartaginesi ma infine venne attaccata e distrutta da Dionisio di Siracusa nel 397 a.C. Gli abitanti di Mozia si spostarono così sulla costa fondando la città di Lilibeo, quella che oggi è la città di Marsala. Durante la dominazione Normanna, Mozia venne donata all’abbazia di Santa Maria della Grotta di Marsala e divenne sede dei monaci basiliani di Palermo; il nome isola di San Pantaleo lo si deve proprio a loro.
L’isola rimase abbandonata per parecchi secoli fino a quando Giuseppe Whitaker, la acquistò nel 1902 e decise di costruire qui la sua abitazione. Quando scoprì l’immenso valore archeologico il buon Giuseppe iniziò a portare alla luce i resti dell’antica città fenicia, e una vasta serie di reperti.
Tramite i sentieri guidati andrai alla scoperta di:
La casa di Whitaker, che oggi è un museo archeologico, ospita i reperti più significativi trovati durante gli scavi, tra cui la statua greca in marmo chiamata “Efebo di Mozia”.
Casa dei mosaici, che conserva antichi mosaici che raffigurano scene di lotta tra animali.
I resti della necropoli posta nella costa settentrionale dell’isola. Una vasta zona rocciosa che ospita fosse scavate nelle quali veniva inserito il recipiente con i resti del defunto.
Le rovine del Santuario di Cappiddazzu, la cui prima edificazione risale al VII secolo a.C.
I resti del Kothon e del suo tempio, un bacino idrico di acqua dolce interno e collegato al tempio.
Il Tofet di Mozia, un santuario fenicio coevo alla fondazione della città.
Le antiche mura fenicie; tra i resti si notano ancora le torri di guardia che sorgono lungo la cinta muraria.
Il vino di Mozia
Sembra che già i fenici coltivassero la vite a Mozia e visitando l’isola noterai le piccole distese del “Grillo”, un vitigno a bacca bianca diffuso nella Sicilia occidentale. Fu Whitaker che iniziò la tradizione di coltivare e produrre questo nettare la cui vite cresce splendidamente su terreni sabbiosi, ricchi di calcare e vicini alle saline.
La più grande isola dell'Italia e del Mediterraneo offre al turista siti storici, incantevoli paesaggi, baie incastonate tra le falesie e acque di una strepitosa limpidezza. Oltre alle Saline di Trapani e Paceco, nella provincia di Trapani puoi visitare molto altro:
San Vito lo Capo, una delle località più prese d’assalto da un turismo in cerca di bagni di sole e di mare che ti racconto a questo link ⇒ SAN VITO LO CAPO: perchè è una località famosa?
Il sito archeologico di Selinunte, uno scrigno di tesori millenari racchiusi in 270 ettari che racconta la storia della colonia greca del 628 a.C. e che ti racconto a questo link ⇒ PARCO ARCHEOLOGICO SELINUNTE: Sicilia storica
Scopello e Castellamare del Golfo, 2 affascinanti località costiere che si estendono nella Riserva Naturale dello Zingaro e che ti racconto a questo link ⇒ SCOPELLO E LE COSTE DELLA SICILIA: Golfo di Castellamare
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