Sappiamo tutti che il popolo arabo (Sultanato di Zanzibar) ha padroneggiato per secoli nell’isola di Zanzibar, lasciando come erede la sua cultura e la sua religione, ma quello che forse non sai è che esiste una particolare località legata alla storia araba più crudele… si tratta della località di Mangapwani Zanzibar.
Cos’ha di speciale questo piccolo villaggio posto sulla costa ovest di Unguja a circa 20 km da Stone Town?
Ti rispondo subito, dicendoti che il nome swahili “Mangapwani” significa “costa araba” ed è stato uno dei centri principali dell’isola per il commercio degli schiavi del XVIII e XIX secolo.
L’isola di Zanzibar, è stata un centro nevralgico per la sosta degli schiavi (provenienti dagli altri stati africani) che successivamente venivano trasferiti nel medio oriente.
Spesso, ascoltando vari discorsi, mi rendo conto che c’è una grande confusione circa questo umano mercato che ha caratterizzato Zanzibar… molte sono le persone che pensavo che la popolazione di Zanzibar fosse schiava del mondo arabo… niente di più sbagliato!
Non sono mai esistiti schiavi tra la popolazione di Zanzibar, gli arabi hanno sempre protetto genti che avevano la stessa origine religiosa; gli schiavi erano i “fratelli africani” provenienti da altri territori del continente nero, che gli arabi nascondevano nelle varie grotte di Zanzibar, pagando la popolazione zanzibarina come custodi di tale ignobile tratta.
Tantè che tutt’oggi la religione prevalente a Zanzibar è quella islamica e la popolazione dell’isola ha una predilezione per gli arabi che hanno portato l’islam, la cultura ed il denaro.
Andiamo nel dettaglio?
Come ti ho già menzionato, la località di Mangapwani Zanzibar è famosa per la storia della schiavitù in Africa.
Sapevi che questa area nell’ovest di Zanzibar divenne proprietà di un ricco proprietario terriero arabo, chiamato Mohammed bin Nassor Al-Alwi, che aveva molti schiavi che lavoravano nelle sue piantagioni?
A pochi km dal villaggio di Mangapwani e vicinissima alla spiaggia, trovi la “Grotta di Corallo”, una profonda caverna naturale nella roccia corallina con un ingresso stretto a cui si accede tramite una scala, ed una piscina di acqua dolce posta nel suo punto più basso.
Posta più in alto, verso l’uscita dalla grotta, eccoti “la camera degli schiavi”, una cella di roccia a forma quadrata.
La camera degli schiavi è abbastanza difficile da raggiungere (devi scalare le rocce) e richiede un po' di sforzo atletico; qui Mohammed bin Nassor Al-Alwi, teneva segregati e nascosti i suoi schiavi.
Le barche dalla terraferma scaricavano il loro carico umano sulla spiaggia vicina e gli schiavi venivano tenuti nella grotta prima di essere portati nella città di Zanzibar per la rivendita o nelle piantagioni dell'isola; inoltre la caverna fu usata come luogo per nascondere gli schiavi, poiché anche dopo l’abolizione della schiavitù, il commercio illegale continuò per molti anni.
La grotta non è particolarmente grande e soprattutto, come tutte le grotte di Zanzibar non è illuminata. Si tratta di un percorso al suo interno molto breve ed a tratti difficile; non aspettarti di vedere qualcosa di simile alle meravigliose grotte europee, ma il percorso vale il piccolo costo, ripercorrendo un tassello di un'ignobile vicenda umana.
Puoi raggiungere le grotte di corallo di Mangapwani Zanzibar organizzandoti con le varie agenzie di escursioni che solitamente la abbinano al tour delle spezie, oppure, puoi fare come me e raggiungere il villaggio in autonomia e seguire le indicazioni per la grotta.
Il costo di ingresso è di 3 dollari.
Ancora oggi puoi vedere e percorrere il sentiero sterrato che dalla camera degli schiavi conduceva alla piccola spiaggia di Mangapwani, dove gli schiavi venivano sbarcati.
Camminando per questo sentiero e passando tra stretti corridoi e piccoli gradini posti tra grandi rocce, raggiungi quella che oggi è la baia utilizzata dai pescatori di Mangapwani Zanzibar.
Una baia formata all’estremità sinistra da sabbia bianca, contornata da rocce e vegetazione tropicale, mentre tutta la parte a destra è composta da un fondale piatto e roccioso misto a sabbia che si estende verso l’entroterra in uno spiazzo enorme dove i pescatori hanno collocato le baracche nelle quali vivono con le famiglie durante tutta la stagione della pesca.
In questo spartano villaggio vedi ovunque teli rossi sui quali i pescatori stendono il piccolo pesce pescato per poterlo fare essiccare.
Il mare lungo tutta questa costa di Zanzibar non risente fortemente delle grandi maree, ma i colori sono comunque accesi e l’acqua è limpidissima e popolata da tante barche che i pescatori utilizzano nella notte per svolgere il loro lavoro.
Non è la spiaggia principale di Mangapwani ed è poco visitata, perche?
Il motivo và ricercato nel forte ed a volte nauseante odore di pesce che respiri su tutta la baia, ma la vista dei colori accesi e della conformazione della baia, merita qualche piccola sofferenza olfattiva.
Indubbiamente il villaggio dei pescatori di Mangapwani, ha una vista oceano davvero sensazionale, ma la spartanità nelle quali queste persone vivono per molti mesi dell’anno sarebbe per me davvero pesante da sopportare.
Le piccole casupole, costruite con solo makuti (tetti e muri) hanno degli spazi ridottissimi e sono sprovviste di tutto, nessuna cucina e nessun bagno… io non resisterei nemmeno un giorno!
Vagabondando per il villaggio, vedo donne che cucinano all’esterno delle casupole, bambini che giocano e uomini che stendono il pesce ad essiccare, aspettando le ore notturne per intraprendere il mare sperando in un consistente pescato.
Non sono particolarmente socievoli, qualcuno mi saluta, altri sono più preoccupati di non essere immortalati della mia fotocamera… come non capirli! Questa parte di Mangapwani è tutto tranne che turistica, io mi sono intromessa nella loro vita quotidiana.
Vagabondando per la zona attorno al villaggio di Mangapwani Zanzibar, incontri terreni perfettamente arati e coltivati (mais, manioca e frutti tropicali) circondati da altissime e bellissime palme e da una vegetazione rigogliosa a causa delle soventi piogge che interessano quest’area.
Pesca e agricoltura sono le principali attività svolte dalla popolazione, tantè che nell’arcipelago di Zanzibar l’agricoltura occupa circa il 70% della forza lavoro.
Oltre all’agricoltura ed alla pesca, la popolazione locale pratica, l’allevamento, la coltivazione di alghe marine, la caccia e la raccolta del miele; vengono sfruttate anche le risorse forestali per la produzione di carbone e per la produzione di specialità terapeutiche legate alla medicina tradizionale.
Vicino a Mangapwani Zanzibar sorgono numerose piantagioni, che hanno valso a questo piccolo paese l’appellativo di “isola delle spezie” o “isola profumata”; infatti grazie alle frequenti piogge, questa parte dell’isola si presta perfettamente per essere coltivata.
Questo angolo della costa di Zanzibar, non è particolarmente ricco di ricezioni turistiche che sono soprattutto dislocate nella capitale Stone Town, nel sud, in tutta la costa est e nel nord dell’isola.
Vorresti trovare un alloggio che affaccia su questo lembo di costa, caratterizzato da piccole insenature che affacciano su un mare senza grandi maree?
Godresti ogni giorno di spettacolari tramonti!
Per trovare un alloggio in questa parte dell’isola, devi spostarti di qualche km da Mangapwani Zanzibar e fare una ricerca tra i resort e gli hotel presenti a Chuini e Bububu, villaggi posti tra Stone Town e Mangapwani.
Vivendo a Jambiani ed amando molto il fenomeno delle maree, sono rimasta incantata (visitando questa parte della costa ovest di Zanzibar) dalle piccole baie che si formano grazie alla conformazione rocciosa che caratterizza questo terrazzo sull’Oceano Indiano.
Mangapwani Zanzibar mi ha stupito con i suoi colori, la sua ricca vegetazione, le altissime palme e la tranquillità del vivere ancora in un luogo che il turismo di massa ancora non ha intaccato.
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